Da circa trent’anni si assiste a quella che è senza mezzi termini una “Baroque Renaissance” capitanata dalla riscoperta di un corpus gigantesco costituito dalle opere per la scena e dagli oratori di George Friedrich Händel, figura in grado di catalizzare l’attenzione di appassionati e melomani anche distanti dall’estetica della musica antica e spesso amanti di altri generi. La riscoperta delle sue opere è però cronologicamente ultima rispetto alla grande mole di esecuzioni che più o meno dagli anni Cinquanta sono state messe su disco e che vedevano l’attenzione dei musicisti concentrarsi su un vasto corpus di composizioni strumentali. I concerti grossi e per organo, nonché le notissime suite della Water Music e Music for The Royal Fireworks sono da sempre capisaldi ben presenti nei programmi concertistici di molte sale al mondo, così come le sonate per violino, quelle per flauto e per altri strumenti a fiato hanno ricevuto innumerevoli versioni da numerosi virtuosi ed esperti del settore. Molto meno fortunato è stato invece il ciclo delle Suite e della musica per tastiera in generale che contano poche registrazioni integrali che in un clima di riscoperta ed esecuzione delle opere antiche così ampia stupisce non poco, così come una vasta raccolta di arrangiamenti di canzoni popolari è ancora là da venire a riprova che ancora molto c’è da fare e da dire su questo autore. Ben venga quindi l’esecuzione di questo “Manoscritto di Bergamo” che porta una ventata di freschezza non solo perché aiuta a tratteggiare una figura centrale del 1700 quale quella di Händel, ma anche e soprattutto aggiunge un importante tassello nella valorizzazione del repertorio clavicembalistico settecentesco che sembra spesso ripiegarsi solo su Bach e famiglia e ad alcuni autori francesi.

Per quanto non si possa purtroppo parlare di attribuzione certa delle musiche nel disco in quanto nel manoscritto non si fa menzione dell’autore, l’estensore delle note ci premura di numerose prove atte a supportare la paternità händeliana quanto meno da un punto di vista di continui rimandi stilistici, citazioni interne e similitudini, a cui è effettivamente possibile trovare riscontro semplicemente sfogliando le Suite e le opere meno note dei quattro volumi dell’edizione integrale della musica per tastiera edita da Bärenreiter, inquadrando quindi queste toccate, versioni alternative, fughe e preludi come opere di un giovane Händel appena arrivato o in partenza per l’Italia e già affermato clavicembalista e organista. Altrettanto evidenti sono infatti i rimandi alla musica coeva dei maestri italiani sino ad arrivare a una sorta di emulazione di passaggi tecnici tipici delle Sonate di Domenico Scarlatti. Anche ad un ascolto distratto e in possesso solo della conoscenza delle più note otto Suite, tali similitudini si palesano in modo abbastanza evidente. Come mai allora questo manoscritto è rimasto sepolto nel tempo, tanto da venire escluso anche dall’edizione critica e non essere mai stato preso in considerazione sino ad oggi di una degna veste discografica? Il dubbio nasce dalla conoscenza della mano che l’ha vergato, ossia quel William Babell, copista fidato di Händel e compositore a sua volta di cui conosciamo numerosi arrangiamenti e le cui musiche originali stesse non sono esenti da una pesante influenza del suo diretto superiore. Diventa quindi assai difficile definire in quale misura egli sia effettivamente intervenuto su queste opere e quante di queste gli appartengano o siano elaborazioni da originali. Per quanto le note ci informino che l’ipotesi di Babell autore di queste pagine sia improbabile per la sua scarsa inventiva e certa scolarità dell’autore, su cui in parte ci permettiamo di dissentire, sarebbe molto interessante ascoltare l’opinione di coloro che hanno escluso categoricamente la possibilità di attribuzione a Händel di queste opere, come ad esempio Terence Best, mettendo in evidenza come nel manoscritto siano presenti effettivamente opere prese a prestito (non solo da parte del grande Sassone, ma anche da Dandrieu), due opere ritrovate in manoscritto autografo dello stesso Babell, più altre composizioni che potrebbero essere originali del copista.

Indubbia, invece, è la particolarmente felice condotta strumentale, visto che l’esecuzione rende infatti il miglior servizio possibile alla bellezza e alla limpidezza di alcune pagine che risultano ottimamente fraseggiate del clavicembalista Fernando De Luca di cui si hanno purtroppo poche registrazioni ufficiali e che da oltre dieci anni si dedica alla riscoperta di repertorio dimenticato, in particolare inglese.

Lo sentiamo in questa registrazione particolarmente a suo agio nei virtuosismi che pur abbondano, dando una libertà di interpretazione e quasi una personalizzazione dell’esecuzione che solo un amore viscerale nei confronti dell’oggetto amato può creare e questo sentimento è perfettamente trasmesso all’ascoltatore che partecipa emotivamente quasi ad ogni pagina, elevando l’ascolto a un livello assai più alto di mero esercizio di stile o di corretta esecuzione e facendo diventare ogni ascoltatore parte della musica stessa. Tale libertà può esporre a critiche da parte di puristi e fondamentalisti della prassi antica (prassi che ricordiamo essere comunque ricostruita e soggetta a interpretazioni e innovazioni), ma ci sentiamo qui di elogiare il coraggio della proposta di eseguire lavori meno noti con tale forza e intelligenza interpretativa.

Il libretto in doppia lingua presenta una grafica semplice e facilmente fruibile così come le note sono scritte, se pur con una certa partigianeria per la propria tesi, in modo estremamente chiaro e inquadrano in modo dettagliato lo stato dei lavori su questo particolare manoscritto che anche in futuro non mancherà di riservare sorprese e che speriamo arrivi a uno studio più approfondito sull’effettiva paternità dei brani ivi contenuti.

Edmondo Filippini

Georg Friedrich Händel-William Babell – Bergamo Manuscript  

Fernando De Luca (clavicembalo)

CD Urania Records LDV 14032

Giudizio artistico: 5

Giudizio tecnico: 5