Quel gran forziere di cultura e arte che è l’Italia, nonostante il tempo, le guerre, l’incuria e il (mal) governo, non smette, a distanza anche di secoli dalla produzione di un oggetto d’arte, di stupire e affascinare e in tale contesto, così come gli archeologi ancora oggi rivelano capolavori del passato che attendevano di essere visti e ammirati e gli studiosi d’arte fanno in modo di ritrovare gli autori delle opere anonime identificandone lo stile e valorizzandone il tratto, l’ensemble musicale dei “Profeti della Quinta” si muove sicuro in quella che è probabilmente una delle più felici scoperte di manoscritti di epoca recente.
L’imponente “Manoscritto di Carlo G.” è infatti assurto agli onori della cronaca musicale per molteplici ragioni. La prima legata alla qualità assoluta delle opere sacre ivi contenute che annoverano compositori quali Luca Marenzio e Giulio Caccini, se pur riadattati dall’anonimo Carlo G., autore di gran parte delle musiche, più un manipolo di composizioni del tutto anonime e di eguale bellezza stilistica. In secondo luogo il manoscritto diventa di capitale importanza per la comprensione della corretta prassi esecutiva della musica sacra del Seicento in quanto, in maniera non dissimile di quanto fece Francesco Cavalli per il suo “Ercole amante”, l’autore segna ogni abbellimento, ogni nota, ogni singolo passaggio contrariamente alla prassi dell’epoca che voleva invece l’esecutore completare con le proprie capacità la struttura spesso lasciata all’immaginazione dal compositore.

Se nel caso di Cavalli la ragione di una tale scrittura completa delle parti era dovuta all’incapacità dell’orchestra francese di adattarsi a quella che era la prassi italiana, nel caso del presente manoscritto è lecito chiedersi il perché l’autore abbia deciso di porre su carta una tale mole di dettagli che all’epoca sarebbero stati completamente superflui tanto quanto preziosi per lo studioso di oggi. Certamente non la possibile imperizia degli esecutori che, a giudicare dalla difficoltà tecnica, dovevano essere di levatura artistica non indifferente o forse era per una ragione non dissimile da quella francese, cioè che gli stessi non fossero avvezzi alla prassi italiana e come tale avessero bisogno di una guida costante che permettesse loro di cantare questo repertorio.
Quale che sia la ragione reale o presunta, quello che l’appassionato si trova per le mani è un prodotto di eccezionale fattura, sia tecnica sia artistica, che conferma il gruppo come un assoluto specialista del repertorio. Difficile isolare una traccia dall’altra tanto il flusso musicale è perfettamente amalgamato e ancora più difficile sarebbe quale dei membri del gruppo, diretti da Elam Rotem, che suona anche all’organo, spicchi maggiormente tanto l’omogeneità delle voci è perfettamente calibrata.
Particolarmente felice, inoltre, è la scelta sia degli strumenti accompagnatori, quali l’organo Antegnati, sia il luogo di registrazione nella Chiesa dei Santi Eusebio e Vittore a Peglio, in provincia di Como, che contribuiscono sicuramente alla riuscita e al fascino del presente lavoro. Probabilmente la riscoperta discografica di quest’opera non poteva avere inizio migliore e ci si augura che l’importanza di un tale lavoro continui la sua strada e si arrivi alla proposizione completa del manoscritto che sono certo riservi ancora molte gemme al suo interno.

Edmondo Filippini

AA.VV. – The Carlo G Manuscript
Ensemble Profeti della Quinta
CD Glossa GCD 922516

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5