Il 1943, dominato e devastato dalle battaglie e dalle distruzioni del secondo conflitto mondiale (nel febbraio von Paulus e l’ottava armata si arresero ai sovietici alla fine di quella bolgia dantesca che fu l’assedio di Stalingrado, decretando la fine del principio, citando Churchill, del dominio nazista in Europa), ma è anche l’anno in cui in una Parigi occupata Sartre pubblicò L’Être et le néant, mentre a Zurigo andò in scena la prima assoluta di Leben des Galilei di Brecht e in cui morì a Como uno dei più  grandi architetti del Novecento, il razionalista Giuseppe Terragni. Ma è anche un anno d’oro, lutti e rovine a parte, per il genere cameristico delle sonate per flauto e pianoforte, come ci ricorda questo bellissimo disco frutto della passione di due giovani artisti francesi, il flautista Jocelyn Aubrun (primo flauto all’Orchestre National de Lyon) e la pianista Aline Piboule, i quali alla ricerca di materiale per registrare il loro secondo CD, al di là della magnifica Sonatine di Henry Dutilleux e di quel punto di riferimento assoluto che è la Sonata in re maggiore di Prokof’ev, si sono imbattuti nelle Sonate degli olandesi Marius Flothuis e Leo Smit e nella deliziosa Sonatine del prolifico connazionale Claude Arrieu, tutte opere che furono per l’appunto composte proprio nel 1943.

E se i capolavori cameristici di Dutilleux e Prokof’ev fanno ormai stabilmente parte del repertorio odierno, le opere dei due musicisti olandesi e di quello transalpino rappresentano in un certo senso una piacevolissima sorpresa (soprattutto la pagina di Flothuis, che nel corso della vita fu soprattutto un attento e raffinato musicologo dell’opera mozartiana, oltre ad essere stato il direttore artistico di quella straordinaria compagine orchestrale che è la Concertgebouw di Amsterdam). Se la Sonatine di Arrieu colpisce per l’equilibrio formale dal quale si dipana una piena fantasia timbrica capace di esaltare le peculiarità dello strumento a fiato, le Sonata di Flothuis e quella di Smit (quest’ultimo morto in quello stesso 1943 nel lager di Sobibor, dopo esservi stato deportato in quanto ebreo) mantengono uno stile formalmente più classico, ma non per questo prive di arguzia compositiva e di un’armonia che permette di attuare un continuo dialogo tra i due strumenti.

La prova del duo Aubrun e Piboule è semplicemente da incorniciare per la capacità con la quale riescono a rendere idealmente queste cinque composizioni; se il primo dimostra non solo di saper fare quello che vuole con il flauto, ma dimostra anche quella maturità, quella sagacia interpretativa che si acquisisce con il tempo e con la maturazione, la seconda si dimostra semplicemente preziosa nel saper recepire gli umori, gli slanci, le stasi e la voglia di confrontarsi dello strumento a fiato. Coup de foudre.

Anche la presa del suono, squisitamente audiofila, permette di godere appieno della qualità artistica della registrazione: i due strumenti, con il flauto leggermente avanzato sulla sinistra rispetto al pianoforte, sono scolpiti nello spazio sonoro e vantano una dinamica spettacolare, oltre a denotare un dettaglio preciso dalla notevolissima messa a fuoco, tale da renderli materici nella loro fisicità e presenza.

Andrea Bedetti

AA.VV. – “1943 – Works for Flute and Piano”

Jocelyn Aubrun (flauto) – Aline Piboule (pianoforte)

CD Artalinna ATL-A013

Giudizio artistico: 5/5

Giudizio tecnico: 5/5